ACCOGLIENZA E “HOSPITALITY”, VALORI FONDAMENTALI (E FONDANTI) DI CONTI THUN IN VALTENESI

È confortevole ritrovarsi in un’isola bucolica, aprica e felice, dopo un viaggio stramazzante tra il traffico e ancor peggio tra le rotonde, incommensurabili, della Valtenesi. L’azienda Conti Thun infatti ha sede in una splendida area di campagna, nel comune di Puegnago, dieci minuti circa da Salò. La cantina è un casale enorme, egregiamente ristrutturato, e tutto attorniato dalla campagna, filari vitati ovunque.

Appena entrato nella proprietà e dato uno sguardo qua e là, tutto si conferma come avevo previsto informandomi sul sito ufficiale: tutto è leziosamente ordinato ai fine dell’accoglienza, o per dire secondo i loro termini, dell’ “hospitality”. Come si può ben verificare, il sito (https://www.contithun.com/) è altamente ricercato, e non solo come grafica (immagini, font, spazi, paratesti, etc.) ma anche e soprattutto come linguaggio. Un linguaggio a me ostile e fastidioso, ma di gran moda, da “influencer”, che gioca grandemente con l’utilizzo di inglesismi (“wine experience”, “gift box”, e ovviamente non può mancare il viperino “location”).

Sarei stato immediatamente allontanato da questo tipo di comunicazione (che ovviamente oggi funziona), se non fosse che sono stato consigliato da persone di fiducia e per i prodotti che ho avuto modo di assaggiare precedentemente (distribuiti da Proposta Vini). In effetti l’edificio è proprio bello, e la stessa attenzione data alla comunicazione è data ai dettagli dell’arredamento. Il cortile è perfettamente in ordine, con tanto di tende e tavolini e sedie scelte adeguatamente (ossia ne troppo rustiche ne troppo “chic” – giusto per restare nell’esterofilia). Come sempre utilizzo la scusa di andare in bagno (una corrente di pensiero, anche abbastanza nutrita devo dire, sostiene infatti che dai bagni si capisca la cura di un locale) per curiosare, e in effetti le sale all’interno sono profumatissime, il marmo dei pavimenti riluccica e, come nel cortile, tutto è perfettamente in ordine.

Poco dopo arriva Vittorio, proprietario dell’azienda insieme a sua moglie. Mi racconta brevemente ma con chiare frasi le vicissitudine di Conti Thun e la storia, seppur breve, abbastanza intensa. Vittorio, originario di Torino, e sua moglie, invece di Bolzano, decidono di investire in Valtenesi, “credendo fortemente nel potenziale del territorio”, parole sue, e quindi nel 2017 rilevano la vecchia proprietà Masserino, che alle spalle aveva una cinquantina di anni. La direzione da seguire (ovvero, stando negli inglesisimi, che fanno sempre effetto, la “mission”) è quella di lavorare per raggiungere prodotti fatti bene, al fine di rapportarsi con una clientela medio-alta. Obiettivo sacrosanto: il Lago di Garda ne ha tutte le prerogative. La visione di Conti Thun è allargata, cosmopolita e più internazionale che non in altre aziende; epperò il tutto fa perno al territorio, che assolutamente deve essere identificato con una parola: qualità.

Il tutto è coerente con quello che vedo, e con quello che berrò. Non nasconde, Vittorio, la volontà non solo di vendere a ristoranti o enoteche, ma di lavorare direttamente col consumatore finale, tramite esperienze interattive e immersive, come tour in campagna (addirittura in elicottero mi racconta) o degustazioni guidate. È presente infatti nel casale anche una sala, accogliente e ben arredata anche questa, che funge da wine bar, anche per un semplice aperitivo in compagnia. In questa sala sono generosamente seguito con la degustazione dei loro prodotti. Cinque etichette (più una prodotta in Alto Adige, dove pure possiedono una piccola proprietà di famiglia); a oggi si conta una produzione di circa 50.000 bottiglie su un totale di 12 ettari (ma il potenziale è molto di più, circa il doppio, sulle 90.000 bottiglie).

La degustazione

Micaela. Un vino rosa base, “entry level”, dal colore tenue e pastello, un colore tipico del Rosa Valtenesi. Base groppello (80%), per un vino delicato, leggermente profumato e di grande scorrevolezza.

Rosa. Dal colore più verso l’aranciato si intuisce già la maggior complessità di questo vino rosa rispetto al primo. Più importante, acidità più spiccata, più caldo e strutturato (13 e passa gradi di titolo alcolometrico volumico effettivo). Un vino che sconsiglierei all’aperitivo, ma da godersi in un pasto anche importante. La bottiglia è scura, “così il contenuto è misterioso, una vino tutto da scoprire”, mi racconta Vittorio, in modo posato e tranquillo.

Gioia. Un bianco morbido, di spalle, molto avvolgente. Frutto dell’assemblaggio di riesling renano e incrocio manzoni, ma l’acidità non eccede, anzi è piuttosto spento il vino da questo punto di vista. Anche se rimane un bel vino pieno, caldo e soprattutto fruttato.

Contessa Lene. Questo è il vino prodotto a Bolzano, esattamente a Terlano. Un sauvignon coltivato in un appezzamento che confina con vigne di un noto prodotto della zona, mi confessa il proprietario. In effetti l’eleganza tipica dei bianchi alto atesini è riconoscibile; l’acidità, forse anche per il fatto di venire dopo il Gioia, è tagliente (bevo riesling nordici, quindi so che mi inganno, l’acidità è bellissima ma non tagliente). Un bianco molto profumato, “da manuale”, che però ha un suo carattere.

Leonardo. Un rosso molto rotondo, questa è stata la prima e più forte sensazione che ho avuto. Un assemblaggio con alla base il 50% di groppello e alle spalle 6 mesi di maturazione in barrique. Si avvertono le note tostate, ma nell’equilibrio complessivo si scorge una bella freschezza, e ne risulta un vino rosso, sì di spalle, ma molto godibile.

Michelangelo. Utilizza la tecnica dell’appassimento dell’acino prima della vinificazione, legno nuovo per la maturazione e l’uva è il marzemino.  Un vino rosso che ha tutte le premesse di un vino di struttura e importante, ma al momento dell’assaggio è ancora praticamente un nascituro (appena uscita la prima annata di produzione, la 2018), e non è possibile, a mio avviso, un giudizio. Mi ricorderò di assaggiarlo tra qualche anno.

DP

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