VELÀZQUEZ ALLA TOSIO MARTINENGO PER PROMUOVERE IL PITOCCHETTO: CE N’ERA PROPRIO BISOGNO?

Dal 26 novembre 2021 al 27 febbraio 2022 sarà esposto nella sala XII della Pinacoteca Tosio Martinengo, dedicata a Giacomo Ceruti detto il Pitocchetto, uno dei primi dipinti di Diego Velàzquez, Il Pranzo. Il comunicato stampa dell’ente è un baluginio di emozioni, sprizza entusiasmo a suon di aggettivi e avverbi. Si legge a esempio in un passo: “In mostra l’eccezionale prestito, finora mai esposto in Italia, de Il Pranzo […] proveniente da Ermitage, etc.” In più la cura del progetto è stata affidata a un nome di rilevanza, Guillaume Kientz, dal curriculum facoltoso e lunghissimo, sicuramente un grande studioso e competente, ma è altrettanto vero che nessuno del “grande pubblico” lo conosce, né tantomeno nessuno se ne ricorderà dopo; e in sostanza bisogna capire cosa ha arrecato di prezioso e nuovo, dunque se ne valesse davvero la pena. Ma questo è un altro discorso.

La mostra, intitolata “Velàzquez per Ceruti”, fa parte di un progetto di scambio e prestiti a livello internazionale, in questo caso tra Italia e Russia, “un’occasione di incontro e confronto tra due maestri della pittura”. Certo, lo scopo è intuibile: rileggere Giacomo Ceruti in funzione di Velàzquez. E è altrettanto certo l’intento concreto: promuovere Giacomo Ceruti, e più in generale la Tosio Martinengo, sfruttando come pretesto il nome celebre celebrissimo di Velàzquez. Un sistema più che lecito, un tentativo condivisibile; e più che giusto se si vuole richiamare l’attenzione sulla galleria bresciana, una chicca di pinacoteca, dotata di importanti opera e allestita in modo mirabile.

Il dialogo comunque tra i due maestri, il grande Velàzquez (1599-1660) e il minore Ceruti (1698-1767), pur breve è intenso; pur lapidario è esemplificativo; in virtù della schiettezza,  dell’immediatezza, è efficace, lampante. Giacomo Ceruti, che nasce a Milano ma praticamente è bresciano “d’adozione”, come si dice, è un pittore che si caratterizza per i soggetti particolarmente poveri delle sue opere, per la dignità della loro condizione, “in cui la ricerca del vero restituisce con nobiltà il senso del vivere quotidiano della povera gente”. Il tutto ambientato in spazi ancor più poveri, scarni e ombrosi; in cui la luce, inesistente all’esterno, è come se rifulgesse dai personaggi stessi. Una pittura pauperistica l’hanno definita, che ha fatto guadagnare al pittore nel Novecento il nome di Pitocchetto.

Ceruti artista origina dalla pittura naturalista del Seicento europeo; quello di Velàzquez, appunto. Ecco allora che l’opera Il Pranzo può dare nuova vita al Pitocchetto, in questo incontro-scontro alla Pinacoteca Tosio Martinengo. Una fatica colossale, un progetto ambizioso. Ma, lasciata la sala XII, ho come una sensazione amara in bocca, e un dubbio mi sorge: ce n’era proprio bisogno?

Si ripensi il progetto, e si affianchi al Pitocchetto un altro grande pittore di scene di vita quotidiana e misera; un pittore molto più vicino, più comodo e dalla logistica meno faticosa, il cui dialogo sarà egualmente eloquente: si ripensi il progetto, e si affianchi al Pitocchetto il bresciano Ugo Aldrighi.

Luciano Cardo