CI RINCUORI L’ANGELO DI LANDI DEL CIMITERO DI PIEVE: MONUMENTO AL DANNUNZIANESIMO CHE IL BORGO CONOBBE, MA CHE NON ESISTE PIÙ

Mi rincuora ogni volta la visita a un cimitero, e mi rasserena il conforto dei defunti, soprattutto dei miei cari. La visita al cimitero di Pieve però mi rincuora di più, in virtù della lunetta dipinta da Angelo Landi, perché è solo e grazie a essa che si respira, seppur fievolmente, quell’atmosfera di dannunzianesimo che toccò Tremosine agli inizi del Novecento, e che non tornerà più.

L’opera rappresenta un angelo (una firma iconografica si può dire), ideato con una composizione semplicissima: una figura che occupa l’intero spazio, vestita con una veste lunghissima e bianca, in una posa molle e adagiata in senso diagonale. I capelli sono – o così appaiono – folti, lunghi e arricciati, il viso poco caratterizzato; spunta l’ala sinistra mentre l’altra si può solo intuirla perdersi in uno sfondo indefinito di un giallo inquietante. La figura è perfettamente inserita nei canoni artistici del tempo, ossia gli anni Dieci del XX secolo, con la sua torsione elegante del busto, con quel fluire di linee sinuose, “fitomorfe” come si dice in gergo, vulgo floreali (lo stile Liberty è infatti anche detto “stile floreale”, e corrisponde in Italia a quello che è stato in Francia l’Art Nouveau).

Va detto, a onor del vero, che l’opera è in uno stato di degrado avanzato e ingiustificato, eguale e forse peggio di quanto già denunziava Daniele Andreis parecchi anni fa (D. Andreis, Tremosine nella storia. Voci, personaggi, vicende, 2007, pp.168-176), e visibile tutt’oggi se non in modo vago e rarefatto. Non si capisce a questo punto perché non ci si interessi per una urgente operazione di restauro e riqualifica: si ignora forse la fama dell’artista?

Angelo Ignazio Giuseppe Landi (1879-1944), prolificissimo pittore, nasce e muore sulla sponda bresciana del Garda, precisamente a Salò, da una famiglia nobile. Studia all’Accademia delle Belle Arti di Brera a Milano, diventandone poi accademico. Fu un ottimo ritrattista, dipinse documentandole le atrocità della Prima Guerra Mondiale, e numerosi  e suggestivi sono i suoi paesaggi. Sacro o profano non importava, Landi affrontò qualsiasi tema con la stessa abilità a seconda del mezzo, sia esso olio su tela o affresco. Le sue opere sono note da Salò a Napoli, ma anche in città fuori l’Italia, come Parigi o il Cairo. Fu un insaziabile viaggiatore: passò anni a Buenos Aires (dove si sposò), poi in Africa, prima di andare a vivere a Roma. Ma nonostante la sua voracità di conoscenza fu sempre legato al territorio di nascita. Dipinse per Padenghe, moltissimo per Salò e, soprattutto, per il Vate e per il suo Vittoriale, dove dipinse, attorno al 1924, le lunette di San Francesco e di Santa Chiara.

Ci si stupisca allora che un artista di tale rilevanza abbia lasciato una testimonianza anche a Tremosine sul Garda, all’interno del cimitero di Pieve. Landi ci ha lasciato un angelo, oggi un po’ svanito, indebolito dal tempo, ma una volta indubbiamente acceso e luminoso, che ci accoglie al cimitero dando le spalle, disinvolto, al Monte Baldo. Un angelo altresì nobile e grazioso, che spicca in mezzo alla cappella, struttura severa e ieratica ispirata al romanico, interamente in tufo e quindi consunta. Ci confortino i defunti del cimitero di Pieve, e ci rincuorino sempre. Ci rincuori anche e per molto tempo ancora la lunetta del grande artista, monumento a quel clima portato da D’Annunzio che, seppur con pallidi riflessi, toccò anche Tremosine a inizio Novecento, e di cui non si avverte più il dolce tepore.

Luciano Cardo