ASSURDO E GENIALE, REMOTO E CONTEMPORANEO, SURREALE E CONCRETO: IL SACRO BOSCO DI BOMARZO

In mezzo all’Italia c’è un luogo incredibile, un luogo che non è un luogo ma l’idea di questo. È un posto senza tempo, e apparentemente (o davvero?) non toccato dall’artificio umano; il remoto s’incontra col presente e si incastra con tutti i tempi. È un luogo in cui l’arte diventa natura, e la natura è storia, ingegno, poesia. Questo luogo, sperduto nel Centro Italia, è il Sacro Bosco di Bomarzo, in provincia di Viterbo.

Salgo in continuazione per arrivare al paesino di Bomarzo, posto su un’altura abbastanza anonima. Quello che noto all’entrata del parco, che comunque è ben segnato, è tutt’altro da quello che pensavo. Viali sporchi, siepi tenute malissimo, un degrado generale. Ma è un degrado ricercato, mi accorgo poi, la natura è lasciata – accuratamente –  a se stessa per una ragione ben precisa: che è quella propria del Sacro Bosco.

foto dell’autore

Entro nel parco, insomma, e sono immerso in una selva ombrosa, umida e tetra, dove il muschio ricopre quasi tutto. La natura selvaggia prevale sulla lavorazione umana, penso inizialmente. Dopo la prima analisi e una prima veloce occhiata, però ecco la sorpresa: creature gigantesche in pietra, dall’aria grottesca e fantasiosa (ma è difficile descriverle, trovarle una collocazione) sono disseminate ovunque, nei posti più strambi, di questo bislacco bosco.  Questa statue sono state ricavate dalla pietra, direttamente in loco: la roccia è animata dall’artificio umano, con la volontà di farle sembrare elementi  venuti dal nulla, o riemersi dopo millenni e provenienti da chissà quale civiltà primitiva.

Mi suggeriscono sia un luogo surreale; sì, anche. Il percorso è volutamente labirintico, ossia non è ciclico e immediato, si deve girare un po’ a casaccio – e con conseguente  fastidiosa sensazione di non aver visto tutto. Ogni angolo nasconde una o più apparizioni, spaventevoli e amene allo stesso tempo. E non c’è logica in questo ambiente; inutile sbattersi per cercare simbologie, spiegazioni. La stramberia è creata ad hoc da una mente geniale, spiritosa e acculturata: il parco infatti è nato grazie alla mente di Vicino Orsini, il signore di Bomarzo, e all’architetto Pirro Ligorio, attorno alla metà del Sedicesimo secolo. Il periodo barocco quindi ha influito sicuramente sull’opera, anche se è giusto segnalare che il Sacro Bosco, come mi dicono, è “un unicum” nel genere dei giardini all’italiana (caratterizzati da geometria, razionalità e prospettiva mirata, nettezza, chiarezza).

Qui, oltre a essere, nel complesso, sconnesso, confuso, scoordinato – in una parola: libero –, tutto è enigmatico, ma appositamente. Non voglio cercare una interpretazione, che facilmente non esiste, ma godere solamente del luogo.  Allora sì, in quest’ottica, e sulla scorta dell’arte dei ’60 e ’70, questo è un brillante esempio di proto-Surrealismo (si pensi a Dalì), o addirittura di proto-Land Art. Il caso più eclatante è la casa inclinata: qui, entro con cautela e subito sono disorientato, provo un forte senso di disagio, mi vengono le vertigini, perdo il senso di stabilità.  È certamente un caso di ambiente artistico, di arte immersiva, di happening (si pensi, per fare un esempio, all’arte interattiva e agli ambienti del Gruppo T, fruibili a Milano alla Galleria del Novecento).

Enormi statue quindi, che spaventano e divertono al contempo. In un’area in cui tutto appare sciupato, accortamente sciupato, e dove si ha l’impressione di vivere in un ambiente remoto, non del Cinquecento, ma arcaico, forse dei Maya, forse degli Egizi, non si sa. Un luogo rudimentale ma, soprattutto, ludico: viva l’arte, viva il gioco, viva la fantasia umana (alla faccia della natura!).

DP